Days of Being WildIl passaggio dagli anni '70 al decennio successivo non è stato un periodo indolore per la società hongkonghese. I giovani hanno vissuto in primo piano questo disagio transizionale, ben riflesso nel cinema del periodo, soprattutto con l'esplosione del movimento ribelle per eccellenza, la New Wave. Già negli anni '60, ai tempi di Josephine Siao e Connie Chan (Teddy Girls; Sociale Characters; Joys and Sorrows of Youth; ma anche in commedie Cathay quali Bachelors Beware e Spring Song), il problema giovanile era ben presente1, anche se quando possibile minimizzato in favore di una spensieratezza ludica ottimista più a suo agio con i floridi tempi del boom economico. Posto in evidenza, in primis, il contrasto tra classi sociali e culturali, il dilemma (esistenziale) della condizione delle generazioni del dopo guerra assurge a importante polo di interesse cinematografico. Il protagonista di queste pellicole è un carattere ben specifico, denominato in cinese A Fei, ossia il teenager ribelle e spesso anche violento e refrattario all'autorità, civile e familiare. E' proprio questo modello comportamentale, animatore di drammi e di commedie (esasperate), che (e)semplifica il trapasso al nuovo cinema del decennio a seguire: sono A Fei tanto i protagonisti di Happy Sixteen di Michael Mak (1982) quanto, ancora più avanti, negli anni '90, il Leslie Cheung vitellone di Days of Being Wild. Non è un caso che Wong Kar-wai abbia voluto fortemente Cheung, visto che agli esordi l'attore era il tipico spirito libero cantonese del cinema giovanile. In Teenage Dreamers è solo in apparenza un bravo ragazzo, in realtà concupisce una compagna di classe e subito dopo, oppresso dalla sue insicurezze, la abbandona malamente.
Due fattori tipici delle commedie sociali di Clifford Choi sono lo sfondo scolastico e l'amarezza interpersonale che genera la difficoltà di comunicazione, anche tra coetanei e non solo nei confronti degli adulti. Dal silenzio nascono la violenza e l'emarginazione, l'arroganza e la spregiudicatezza: fenomeno ben rappresentato dagli amici di Nomad di Patrick Tam, esterofili e un po' snob, tutto sommato ingenui e per questo votati al massacro. Choi è un maestro di queste atmosfere. Erede di Lung Kong, aggiorna con veemenza al mutato clima sociale le medesime esigenze dell'autore di The Broadcast Prince: l'amarezza delle classi inferiori contrapposte alle ambizioni yuppie e al rampantismo piccolo-borghese -; le difficoltà di inserimento dei giovanissimi in un mondo (economicamente proteso in avanti e quindi) troppo adulto; il sottile confine tra il sacrificio a fin di bene e le scorciatoie pericolose; il disfacimento, sempre più irrefrenabile, della famiglia agiata (si veda come esempio la depressa coprotagonista di Once Upon a Rainbow, abbandonata a se stessa dal padre in fuga con la segretaria); l'unione che fa la forza dei giovani. Choi cavalca senza eccessive professioni di fede la New Wave, soprattutto sul versanteOnce Upon a Rainbow formale-stilistico, seguito a ruota da Stephen Shin (Eclipse), Shu Kei (Sealed with a Kiss) e David Lai (Lonely Fifteen). La caratteristica principale di queste commedie è la drammaticità delle situazioni in una cornice semi-documentaristica quindi maggiormente realistica. Dalla loro coda polemica (Delinquent Teenagers; Teenage Trap; Grow Up in Anger) si arriva fino agli eccessi di corruzione causata dalle triadi di Gangs e School on Fire: in The Pure and the Evil, in cui due amiche per la pelle lottano per lo stesso uomo, si passa in un batter d'occhio dalla commedia alla violenza del thriller; il tardo Girls in the Hood, dramma generazionale non dissimile da Nomad, è la fotografia amara di un gruppo di amiche che vive stancamente alla giornata.
Quasi a voler sancire un ironico contrasto con le difficoltà di maturazione legate all'adolescenza, sovente i titoli delle pellicole - Crazy Seventeen; Happy Sixteen; Energetic 21; - si riferiscono scherzosamente all'età dei giovani protagonisti e alla loro condizione di teenager in un mondo di adulti. La dimensione è appena post infantile, dove tutto è leggero e spensierato: Puppy Love e Teenage Dreamers dipingono la scuola come universo parallelo alla casa e alla famiglia, un mondo complementare in cui indagare e di conseguenza scoprire ed espletare i nuovi bisogni, sentimentali e/o sociali (l'amicizia infrangibile di Remember M, Remember E). In questo contesto narrativo emerge in contrapposizione al succitato Choi il cinema di Clifton Ko, che ammorbisce i toni per la Cinema City con i solari Happy Ghost e The Isle of Fantasy. Senza dimenticare che i giovani sono immaturi ma non stupidi e che quindi vanno trattati con il dovuto rispetto: Crazy Youth, Sweet Sixteen, Puppy Love, e le inevitabili parodie (Future Cops), soprattutto sexy-erotiche e demenziali, che fioccano sull'onda lunga del cinema americano degli anni '70 - Porky's - Questi pazzi pazzi porcelloni!, Animal House ma anche American Graffiti - sono divertenti e consapevoli dalla loro portata. Esempi opposti, fuori tempo massimo, sono invece i volgari Screwball '94 di Otto Chan e The Fruit Is Swelling di Lee Siu-kei. Ko lavora anche per un ideale riavvicinamento tra giovani e famiglie: con la serie Happy Ghost fa conciliare in un contesto semi-fantastico un fantasma adulto e quattro scolarette amiche. Si noti che nonostante Teenage Dreamersl'argomento leggero l'approccio è sempre maturo, conscio dei reali problemi dell'età che prende in esame e coraggioso nel non tirarsi indietro anche di fronte a situazioni scabrose: il sesso e le sue conseguenze sono in primo piano, netti e ben delineati, soggetti di cui discutere apertamente e non da nascondere con fare censorio-moraleggiante. E' importante notare come da queste commedie giovanili nasca una nuova serie di star, soprattutto femminili: Cecilia Yip, Pat Ha, Loletta Lee (si farà chiamare poi Rachel); Ken Tong; Leslie Cheung; Sandy Lam, Fennie Yuen; May Lo; Charine Chan, Ann Bridgewater; tutte destinate a lunga vita artistica.
Gli autori ovviamente non si lasciano sfuggire l'occasione per cimentarsi con una materia scottante ma intrigante. Mentre Yim Ho si mantiene più sul tradizionale, lo spietato Lawrence Ah Mon dipinge quel che vede, senza fronzoli: in Three Summers l'infanzia nelle isole; in Spacked Out e Gimme Gimme quella turbolenta nella metropoli. Il suo sguardo è tanto efficace da riportare in voga (si pensi a Fifteen Candles, al modesto The Legendary 'Tai Fei' o al macabro Deadly Camp), a fine anni '90, sulla scia del successo di Young and Dangerous, un filone morto e sepolto, rivisto stavolta in chiave apertamente polemica e drammatica.

Note:
1. Cfr. Rex Wong - Looking for Rebels in Sixties Cantonese Movies, in Law Kar (a cura di) - The Restless Breed: Cantonese Stars of the Sixties (Hong Kong Urban Council, 1996).