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Per Charlene Choi è stata l’interpretazione più audace della carriera, che ha richiesto un grande cambiamento rispetto ai precedenti personaggi interpretati (in genere nell’ambito delle commedie romantiche). Come è funzionata la vostra intesa, ci sono stati momenti di tensione o di difficoltà durante le riprese?

"Per lei è un film molto particolare, ma per me non esiste il concetto di convincere a fare qualcosa. Non ho bisogno di farlo, io do le mie istruzioni e lei, che è un’attrice, le esegue, ovviamente aggiungendo delle sfumature in base alla propria creatività".

La sua interpretazione ha riscosso grandi consensi e il film è stato in successo in patria. Quindi c’è ancora una richiesta e c’è ancora un pubblico per il cinema in cantonese, lontano dai blockbuster e dai budget stratosferici che sembrano dover soppiantare definitivamente il cinema di Hong Kong?

"Penso che ci sarà sempre spazio per questo. E il successo di Sara lo dimostra. Ci sono ancora molte possibilità per il cinema di Hong Kong nel suo complesso. Il mercato è molto importante e spinge in una certa direzione ma il mercato cinese non è l’unico mercato. Il cinema di Hong Kong potrebbe e dovrebbe anche guardare altrove".

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Grazie a te o a Ann Hui sopravvive un cinema che racconta la quotidianità di Hong Kong nella lingua della quotidianità di Hong Kong, il cantonese. Ti senti orgoglioso di appartenere a questo club ristretto?

"Certamente [ride]".

Ip Man - The Final Fight (2013), pur essendo una coproduzione, incarna questo tipo di spirito cittadino, no?

"Direi di sì. E forse con Ip Man non ho ancora chiuso. C’è una parte della vita di Ip Man a cui sono molto interessato, la sua vita prima di arrivare a Hong Kong: gli anni a Foshan e poi a Macao. Furono anni drammatici per la situazione politica ed economica di quella regione, perché in quegli anni avvennero molti cambiamenti. Non è casuale che né Wilson YipWong Kar-wai con The Grandmaster (2013) abbiano colmato quel gap nella storia di Ip Man, anche perché si tratta di raccontare la guerra tra il Kuomingtang e il Partito Comunista, i torti e le ragioni da una parte e dall'altra, e non è esattamente un tema facile da affrontare oggi in Cina [ride]".

Avevi già lavorato con Simon Yam? È un attore poliedrico, che può interpretare qualunque ruolo, da Dr Lamb (Danny Lee, 1992) a Echoes of the Rainbow (Alex Law, 2010). Come mai proprio lui per Sara?

"Come direttore della fotografia ho avuto a che fare con lui in 4 o 5 film, come regista è la seconda volta che lavoro con lui. L’ho scelto innanzitutto perché caratterialmente lo trovo affine al personaggio che interpreta qui; in secondo luogo perché mette a proprio agio le attrici con cui recita, specie nelle cosiddette scene “sensibili”. Un po’ come in Ip Man - The Final Fight ho scelto Anthony Wong per non creare disagio nelle scene di combattimento. Probabilmente se avessi scelto Donnie Yen e la sua tecnica sopraffina, l’effetto non sarebbe stato quello desiderato. L’interazione tra gli attori è fondamentale per le loro performance. Per Sara se Donnie Yen mi avesse detto che lo avrebbe interpretato anche gratis avrei dovuto comunque dire di no [ride]".

 

 

(Udine, 27 aprile 2015)

 

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