Autumn MoonNon è detto che... potrebbe essere il titolo, aperto a tante possibilità, di Autumn Moon, film che gli esperti definirebbero volentieri conteplativo e gli spettatori semplicemente lento. Una ragazzina del liceo e un turista giapponese post-adolescente si incontrano mentre lui cerca di pescare nell'acqua sporca del porto, disperato perché venuto a Hong Kong per mangiare bene, non riesce invece a trovare nemmeno un ristorante decente. La ragazzina, con la divisa della scuola fatta di calzettoni e gonnella squisitamente britannici, parla male l'inglese; il turista crede di parlarlo meglio, ma anche lui si esprime precariamente, con in più la spocchia del giapponese che si sente superiore. In cerca di cibo buono, comunque, il turista e la ragazzina cominciano tutto un tragitto tortuoso e bisbetico, mentre ciò che sembra andare in una direzione spesso va in un'altra, e lo spettatore si ritrova nudo, coi suoi pregiudizi da indovino di trame, ed è costretto ad ammettere che non sempre le cose vanno come lui le prevede, piccolo amante frigido della noia da elevare a sapienza. Il turista giapponese compra di tutto, stupendosi per i piccoli prezzi in dollari di Hong Kong. Accoglie prostitute nella sua cameraccia sudicia, le prosciuga e se ne fa prosciugare; riprende con la videocamera tutto quello che gli capita a tiro, specie le gambe e i sederi delle ragazze per strada. Violenterà la piccola ragazzina che parla male l'inglese? Ma nemmeno per sogno, che peccato, per l'ottanta per cento del pubblico occidentale interessato al cinema asiatico questo film è allora decisamente un esercizio sterile o da rincattucciare in una nicchia festivaliera1). Il turista giapponese si prende cura invece della nonna della ragazzina e del suo gatto, e così facendo finisce col prendersi cura anche di se stesso, compiendo un viaggio non solo dentro le immagini slegate e forzate della sua videocamera e del suo vivere casuale, ma finalmente anche dentro la sua memoria, tornando a sentire le cose e a sentirsene toccato. La ragazzina invece pur volendo assecondare la normalità della sua età, si trova a guardare tutto con gli occhi di una persona più adulta, perché conosce già il sentimento dell'assenza, della mancanza, oscuro alla maggior parte delle persone indaffarate. Assenza perché i genitori si sono trasferiti in Canada, e stanno anche comprando una casa. Mancanza perché la ragazzina non ha futuro a Hong Kong, visto che appena finita la scuola, tempo un anno dovrà anche lei emigrare come è capitato a tanti negli anni novanta. E dovrà lasciare la nonna da sola, anche se è l'unica a raccontare le cose del passato, dato che sui documenti di espatrio, per non avere intralci, i genitori della ragazzina hanno scritto che la nonna è già morta.
Autumn Moon, film in cui nessuno si perde in translation, per certi versi è estremamente simile a La dea del '67, turista giapponese a zonzo compreso. Il gusto per la memoria, sia di eventi cari che non si vogliono dimenticare, sia di scelte imposte dai genitori che non si possono dimenticare, c'è già, così come la tendenza a vedere il sesso come pratica crudele della quale le persone si servono più per mantenere le distanze con gli altri che non per azzerarle, e la preferenza per percorsi narrativi completamente insoliti che caparbiamente non lasciano capire quale sia il centro, il punto della situazione, se non esigendo dallo spettatore una grande e attiva partecipazione emotiva. Gli interni degli appartamenti sono sempre in penombra, in Autumn Moon come in The Other 1/2 & The Other 1/2; le ferite e la solitudine dell'infanzia vengono sempre mostrate dando tutto il rispetto ai bambini e solo la pietà agli adulti. E insomma il cinema tipico di Clara Law, quello che le renderà impossibile continuare a fare film a Hong Kong secondo certi standard hongkonghesi di velocità, pervade completamente Autumn Moon e ne fa un film erratico e subacqueo (certe composizioni cittadine fredde e bluastre, totalmente silenziose, come in La dea del '67) e a tratti, quando le cose non sono ancora chiare e il film è appena iniziato, lo stile sembra un'anticipazione del Wong Kar-wai di Fallen Angels (1995); solo che mentre la star di Fallen Angels sono bene o male tutte note, dentro Autumn Moon i protagonisti sono una vecchietta, un nessuno giapponese, e una qualunque ragazzina hongkonghese pre-handover. Il che ne fa un film da prendere con le pinze, come si dice, cosa che non riesce a tutti, basta ricordarsi che la colpa non è del film!

Note:
1. Alberto Pezzotta, indubbio pioniere della catalogazione del cinema di Hong Kong in Italia, nel suo Tutto il cinema di Hong Kong (Baldini & Castoldi, 1999) ha scritto: «Un po' sopravvalutata (soprattutto dai festival europei), la Law mostra le incertezze della generazione della seconda New Wave, dove il dilemma tra arte e mainstream ha portato a una impasse». Ora sono passati degli anni e Clara Law del rischio di impasse sembra non essersene affatto curata. Il suo stile rimane sempre quello ed evidentemente trova i fondi per andare avanti; le onde categorizzanti vivono invece già da qualche anno un'impasse, impacchettate e impettite, bloccate nel passato.

Hong Kong, Giappone, 1992
Regia: Clara Law
Soggetto / Sceneggiatura: Eddie Fong
Cast: Nagase Masatoshi, Li Pui-wai, Wan Choi Siu, Kiuchi Maki, Hung Suen Chin

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