Chinese Erotic Ghost StorySulla falsariga di Sex and Zen più che del quasi omonimo A Chinese Ghost Story, con cui non ha nulla che spartire, neanche come parodia irriverente, Chinese Erotic Ghost Story di Dick Cho è un filmetto erotico allusivo, arrogante, costantemente sopra le righe, volgare, ben oltre i limiti del maschilismo. Un brav'uomo, stupido e assai ingenuo, si monta la testa quando un genio altrettanto sprovveduto lo dota di un miracoloso pene magico e di sufficiente sale in zucca per agguantare in un sol colpo successo amoroso, denaro e carriera. L'animo puro dello scemo del quartiere si corrompe e, perso tra turbini di sesso sempre più spinto, il bonaccione dal cuore d'oro si trasforma in un avido calcolatore capace di ingannare le divinità, di stuprare e torturare a piacimento, di cogliere frutti immeritati attraverso i peggiori sotterfugi possibili.
Pur non essendo tratta da uno dei tanti episodi narrati nei Racconti fantastici di Liao di P'u Sung-ling la pellicola di Dick Cho, alle cui spalle si muove il ben più astuto Lee Siu-kei, produttore e sceneggiatore, ne ricorda in lungo e in largo il cinico gusto della dissacrazione e della celebrazione compiaciuta del libertinaggio mai domo. La differenza sta piuttosto nel mezzo e nei modi, non nei contenuti: il softcore carico di nudità e paradossi erotici spinge ai limiti estremi il concetto di triviale, celebrando la corporalità e la carnalità. Contemporaneamente gratifica la platea con disinibite esibizioni di amplessi e porzioni di pelle mostrate nel loro totale disincanto. Il mito popolare e la psicopatologia scientifica si incontrano a metà strada, concendendosi ampie incursioni nel proto-porno, alla soglia di quanto è consentito per un Cat. III schietto e privo di peli sulla lingua. Le forme, il vigore, la virilità, le rotondità gustosamente esibiti e celebrati diventano allora il sinonimo della voglia di affrontare, e sfondare, i tabù del proibito, di varcare la soglia del piacere gonfiando - in senso fisico, metaforico e letterale - il proprio orgoglio (maschile). Il nerboruto Lam Wai Kin, inespressivamente meccanico, dallo sguardo spento, è il contraltare perfetto per le starlette del momento - tutte taiwanesi: Karen Yeung, Jane Chung, Yeung Fan - immolate sull'altare della sfida alla censura e un istante dopo immediatamente dimenticate, accantonate per fare spazio a un epilogo buonista e saccente che nulla toglie alla (a)moralità del succo della storia.

Hong Kong, 1998
Regia: Dick Cho
Soggetto / Sceneggiatura: Lee Siu-kei
Cast: Lam Wai Kin, Tsui Kam-kong, Ronald Wong, Jane Chung, Karen Yeung

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