GallantsVilipeso dal suo capufficio, Cheung è un frustrato ex-amante delle arti marziali sull’orlo della depressione. Incaricato di far sloggiare i vecchi abitanti di uno stabile, scopre che questi sono Dragon e Tiger, ex campioni di kung fu e allievi di Master Law, sifu in coma dai tempi di un epico duello. Forse per Cheung è giunta l’ora del riscatto.

Sono trascorsi dieci anni tra il momento in cui il maggiore talento del cinema hongkonghese recente Derek Kwok e il sodale Clement Cheng hanno scritto la sceneggiatura di Gallants e quello in cui il film ha infine visto la luce. Un arco temporale sufficiente per un ricambio generazionale nel pubblico e, di conseguenza, per un mutamento nella percezione di un film che nasce come omaggio a quel cinema di arti marziali che rappresentò gloria e vanto dell'ex-colonia. Un amarcord per un cinema che non esiste più (se non sotto una forma radicalmente mutata e contaminata con il digitale e le esigenze di una macchina industriale sempre più vorace), forse esoterico e difficile da comprendere per il pubblico occidentale, che ignora l’esistenza di idoli locali e dimenticati, ma carico di significato per chi con quei film è nato e/o cresciuto. La formazione del kung fu come rivalsa dell’individuo e maturazione anziché per salvare il mondo o sconfiggere i cattivi: una morale di per sé anacronistica quanto rivuoluzionaria.

Per il teenager hongkonghese di oggi è difficile che il nome o le fattezze del minuscolo Teddy Robin Kwan o quelle più massicce di Chen Kuan-tai suggeriscano qualcosa e questa ignoranza del passato finisce per aggiungere valore all'operazione nostalgia messa in piedi da Kwok e Cheng, spingendo alla riscoperta di miti del passato di Hong Kong frettolosamente dimenticati. Non manca neppure l'annuncio dei nomi dei protagonisti mano a mano che questi fanno la loro comparsa sul set nella minuziosa ricostruzione del duo Kwok-Cheng.
A partire dalla sua comparsa, la scena la ruba il succitato Teddy Robin, indimenticato caratterista, produttore e autore delle colonne sonore di capisaldi come Cops and Robbers e Prison on Fire tra i '70 e gli '80; la sua interpretazione del sifu che si riprende dallo stato comatoso è uno sfoggio, estremamente fisico, di comicità mo lei tau che vale da solo il prezzo del biglietto. Notevoli anche le coreografie di Yuen Tak, anch'esse “all'antica”, con una predilezione per il wirework sulla CGI. Nel complesso un film che cela molti più significati e rimandi (per nulla ovvi) di quanti possa lasciar intuire una confezione minimale e a basso budget. Non a caso si è portato a casa il premio come miglior film agli Hong Kong Film Awards 2011, sbaragliando la concorrenza di titoli come Detective Dee e Reign of Assassins. Fatto che, al di là di come la si pensi, rappresenta un segnale dell’attaccamento alle proprie origini - sempre più in pericolo di estinzione - del cinema cantonese.

 

Hong Kong, 2010
Regia: Derek Kwok, Clement Cheng.
Soggetto/Sceneggiatura: Derek Kwok, Clement Cheng.
Action director: Yuen Tak
Cast: Chen Kuan-Tai, Bruce Leung Siu-Lung, Teddy Robin, Wong Yau-Nam, JJ Jia.

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