Ghost LanternAl contrario di quanto insinuato dal titolo cinese (Human Skin Lanterns), Ghost Lantern, quarta regia di Andrew Lau, non è parente, neanche alla lontana, del classico horror Shaw Human Lanterns di Suen Chung. La storia lavora su due strati e su due periodi, che si incrociano e si alternano. Anni '30: il perfido criminale / stregone Hung uccide il traditore Fei e ne seppellisce le ossa su un terreno di cattivo auspicio, in modo da condannarlo per dieci reincarnazioni ad essere perseguitato dalla sfortuna. Poi scuoia la donna di lui, la cantante d'opera Yung, che non ha ceduto alle sue avances, e usa la pelle per ricoprire una lanterna, impedendo così allo spirito delle defunta di reincarnarsi. Anni '90: il rascal Fei, storpio e iellato, informatore suo malgrado di un poliziotto manesco, diventa testimone chiave per incastrare Hung, invecchiato e ancora più potente. Aiutato da una vecchia sensitiva e dallo stesso poliziotto, cui in gioventù aveva fatto del bene nella precedente incarnazione, Fei cerca di invertire il suo destino e di liberare l'anima dell'amata Yung dalla maledizione che ancora la colpisce.
Melodramma macabro, thriller sgangherato, film di triadi reso comico dalle situazioni sopra le righe e dai personaggi sfigati, horror senza brividi, storia d'amore fantastica e straziante, è il palcoscenico adatto all'estro mutevole di Tony Leung Ka-fai, mafioso di strada senza carisma nel presente, avvocato fascinoso, sicuro del fatto suo e disposto a tutto per un amore impossibile nel passato. Ghost Lantern è un film tirato via, anche troppo evidentemente girato in fretta, assemblando strada facendo sceneggiatura - accreditata in via informale al produttore Wong Jing, ma probabilmente messa in piedi durante la lavorazione seguendo un canovaccio di partenza - e elementi chiave del cast: non si spiegano altrimenti i blackout narrativi, i cambi di ritmo, le impennate e le flessioni improvvise, la regia raffazzonata e gli interpreti che si danno il cambio in scena senza seguire criteri logici (pre)definiti. Il gusto grottesco che permea l'opera - che viste le scarse premesse è molto più efficace del previsto -, da cui si salva solo la bella Chingmy Yau, è acuito dai volti stralunati degli attori (semplicemente ridicolo il make up per invecchiare Roy Cheung) e dal modo in cui Lau sbeffeggia un'intera tradizione a base di storie d'amore fantasy svilendo i momenti tragico-sentimentali, altrimenti commoventi, con parentesi demenziali e siparietti di cattivo gusto. A bilanciare ci pensa l'elegante fotografia e il romanticismo ispirato dei flashback, contrappunto necessario alla leggerezza drammatica del passato rispetto alla scatologia maleducata dei giorni d'oggi.

Hong Kong, 1993
Regia: Andrew Lau
Soggetto / Sceneggiatura: Wong Jing
Cast: Tony Leung Ka-fai, Chingmy Yau, Tommy Wong, Roy Cheung, Ronald Wong

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