Hold You TightStanley Kwan, attraverso il documentario Yang ± Yin: Gender in Chinese Cinema dichiara apertamente la sua omosessualità. Dopo la rivelazione, in diverse interviste il regista confessa di poter finalmente affidare i suoi pensieri e le sue esperienze a personaggi maschili, senza più doversi affidare ad alter ego femminili. Automaticamente diventa stimolante rileggere i suoi film precedenti, ma ancora più interessante è accostarsi a Hold You Tight, la prima pellicola girata dopo quel documentario.
Quattro personaggi in cerca d'amore: Chingmy Yau (in un doppio ruolo) è una moglie infelice; Sunny Chan suo marito, poco attento a ciò che non è il suo lavoro; Eric Tsang un gay deluso che passa il tempo tra bar e saune; Ko Yue-lin un ragazzo sessualmente indeciso. Sono quattro ritratti dell'amarezza della solitudine e dell'incomprensione che deriva dalla repressione dei sentimenti e dall'incomunicabilità. Sunny Chan e Chingmy Yau sono spinti oltre i limiti delle loro capacità; a fare da contraltare ai loro silenzi ci sono le battute per Eric Tsang e Ko Yeu-lin, due personaggi con un continuo bisogno di esplicitarsi con l'uso, nel primo caso quasi logorroico, della parola.
La continua ricerca dell'amore può portare a strane scoperte, quasi ossessionanti, con l'emersione di conflitti che neanche sembravano immaginabili un momento prima. Così Jie scopre grazie al corpo di Ah Moon chi è il vero destinatario del suo desiderio. Desiderio che rimarrà represso finché la stessa Ah Moon, questa volta reincarnata nel personaggio di Rosa, lo spingerà ad aprirsi e a confessarsi. La donna è quindi solamente spettatrice, neanche in grado di accorgersi che ai lati del palcoscenico stanno succedendo le cose più importanti. Una visione tradotta in fotogrammi senza cadere nella retorica: «Ogni atto [etero]sessuale è un progressivo avvicinamento dell'uomo alla morte».
Kwan, mai così vicino a Wong Kar-wai, lavora più sulle immagini che sui dialoghi, salvo poi chiudere, solo idealmente, tutti i conflitti con una lunga confessione finale. La struttura è molto particolare, non lineare, ricca di flashback, molti dei quali istantanei, e di immagini che viaggiano su binari paralleli, con improvvise variazioni spazio-temporali. La complessità dell'impianto non si traduce mai in difficoltà di comprensione, ma crea piuttosto un effetto di insicurezza emotiva che fa rabbrividire per il cinismo implicito. E' una freddezza voluta e studiata, che permea la pellicola e che permette alla sottile linea di pathos di non spezzarsi mai.

Hong Kong, 1997
Regia: Stanley Kwan
Soggetto: Elmond Yeung
Sceneggiatura: Jimmy Ngai
Cast: Chingmy Yau, Sunny Chan, Eric Tsang, Ko Yue-lin, Sandra Ng

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