Home at LastChing-han (Nam Hung) nonostante il suo rango sociale non glielo permetterebbe, sposa Yin-man (Lam Ka-sing), figlio unico di una ricca vedova. Il suo è ciò che si dice un matrimonio d'amore, che però comincia molto male, già a partire dalla tazza per offrire il tè alla madre dello sposo, che si rompe proprio sul più bello. I rapporti tra suocera e nuora non vanno affatto bene, la nuora è una ragazza brava ma forse troppo spontanea; la suocera invece è arcigna e sospettosa, una fondamentalista del decoro; e Yin-man poi non ha capito bene cosa significhi diventare marito, e continua a essere più che altro figlio, subendo moltissimo l'influenza della madre. Così quando un vecchio corteggiatore di Ching-han torna da Singapore e la cerca, sua suocera si convince che si possa trattare dell'inizio di una tresca disgustosa, e tanto fa che riesce a convincerne anche il figlio. Le cose degenerano e Ching-han viene cacciata di casa, costretta per di più a lasciare il primogenito appena nato con la suocera e il marito. Comincia per Ching-han una nuova vita per niente facile, una vita da donna umiliata che tenta di fare i lavori che riesce a trovare, con l'aggravante di ritrovarsi in attesa di un secondo figlio...
Adattamento per lo schermo (non dei più eclatanti) di una airwave novel scritta e narrata da Ngai Man (che qui è, come spessissimo altrove, anche sceneggiatrice), Home at Last rimane nella routine delle cattiverie ed equivoci possibili in una famiglia hongkonghese per bene degli anni sessanta. La regia di Mok Hong-see, abbastanza sotterranea e senza picchi di originalità, procede scorrevole e interessante quanto basta, a parte un aggrovigliarsi un po' forzato e inverosimile degli eventi poco prima del finale riparatore e riconciliante (per esempio, in mezzo a una storia abbastanza severa, ma tutto sommato credibile, Nam Hung che si traveste da infermiera, con maschierina e occhiali, per vegliare il figlioletto in ospedale, senza essere riconosciuta né dalla domestica di famiglia né dal marito, è qualcosa di grazioso ma che stona e tutto sommato non sfocia in nulla di assolutamente necessario e l'intera scena sembra anzi un innesto da una tipica commedia con Nam Hung...). Wong Man-lei la terribile è ovviamente perfetta per il ruolo della suocera intollerante e appiccicata al figlio così come al nipotino. Lam Ka-sing, leggero e impeccabile nei film che prevedono brani d'opera cinese, è assolutamente insufficiente invece per interpretare la parte di un marito, anche se la cosa non si nota più di tanto, essendo il suo un ruolo quasi da fantoccio al servizio di una madre con troppa personalità e immaginazione. Chi allora da' ritmo e anima a questo film è l'intera famiglia della sposina: i parenti, Yue Ming (diventato attore dopo una carriera come Airwave Novel star) fratello imbranato ma affezionato, tiranneggiato da sua moglie, una Helena Law-lan che passa il tempo a sbraitare e a dare ordini, riuscendo però miracolosamente a non essere odiosa, sembrando bensì semplicemente una donna costretta a tenere sotto controllo tutto, perché la vita è effettivamente dura e sugli uomini è evidente che non si può contare più di tanto (l'intero Home at Last è, nel bene e nel male, un film di donne). E poi naturalmente Nam Hung, la quale utilizzata più volte (dallo stesso Mok Hong-see anche) come presenza comico-brillante e basta, qui invece, potere di una mimica facciale straordinaria ed eloquentissima, lascia libere le sue doti di vera attrice molto particolare, che riesce a diventare ogni volta un personaggio nuovo pur muovendosi sempre allo stesso modo, risultando per questo molto familiare allo spettatore che le si lega empaticamente aprendosi perciò meglio alle innumerevoli svolte di un film dalle emozioni forti ma comunque un po' piatto. Uno dei punti deboli di Home at Last è che tutti i personaggi hanno un ruolo ben preciso e utile al procedere (e poi al risolversi) delle vicende, e questo tornare dei conti perfetto e senza sbavature è ciò che lo rende sì piacevole da guardare, ma senza rimanerne catturati, perché non c'è niente di lasciato inspiegato, niente affidato all'immaginazione (una cosa piacevole, invece, è il continuo sorprendersi muto della servitù, che a ogni decisione dei padroni compare in campo e fa facce di volta in volta scioccate, ora disilluse, e/o piene di pietà...).
Niente di speciale, Home at Last è tuttavia senza inciampi (a parte un bambino piccolo usato in due ruoli e per due bambini diversi. Il che è un po' straniante...) e lo si può usare come memorandum dei topoi casalingo-drammatici del cinema cantonese (le suocere cattive, le nuore che devono portare pazienza, i mariti inetti, e i bambini che crescono chi senza padre, chi senza madre...), calcando solo un po' la mano sul sapore sventurato di certi episodi, ma senza mai raggiungere quei certi livelli di crudeltà gratuita tipici del cinema mandarino di casa Shaw Brothers.

Hong Kong, 1965
Regia: Mok Hong-see
Soggetto / Sceneggiatura: Ngai Man
Cast: Nam Hung, Lam Ka-sing, Wong Man-lei, Yue Ming, Helena Law

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