Juliet in LoveTerre di confine. Le emozioni traslucide dell'innamoramento che sorvolano i confini di genere per trasbordare nella vita-vissuta di tutti i giorni. Difficile inscatolare un film come Juliet in Love. E, d'altra parte, per fortuna, non ce n'è nemmeno bisogno. Dal margine sopra l'abisso, ecco infatti uno sguardo quanto mai poetico ma concreto alle strade che i sentimenti intraprendono nel far incontrare le persone. Tanto basta.
L'opera della consacrazione autoriale per Wilson Yip e ad oggi il suo film più riuscito e più sentito (segue infatti un adrenalinico e registicamente perfetto, ma ciononostante deludente, Skyline Cruisers) si trasforma così in un apologo delicato e soffuso dei sentimenti. Sentimenti, si badi bene, scevri da qualsiasi melensaggine o caricatura ad effetto, proprio perché l'aspetto più interessante della pellicola è il precipitare lo spettatore in un contesto conosciuto ma mai prima d'ora trattato così limpidamente e caratterizzato in modo così disarmante e scoperto. Ecco quindi l'onestà di un'opera solo apparentemente semplice e facile. E nonostante siamo da sempre abituati, generalmente dal cinema sentimentale di stampo hollywoodiano, a una banalizzazione e stereotipizzazione del sentire in vista di una sua spettacolarizzazione, non è difficile percepire l'incolmabile differenza che separa i due modelli. Da un lato rimane il dramma dei sentimenti che trasforma in tragedia sublimante le nostre paure ogni slancio affettivo, dall'altro invece ecco un disincanto gioioso e sregolato che fa da semplice specchio e amplificatore ad ogni nostro sentire, senza nasconderlo o polverizzarlo in una catarsi conciliante.
L'incipit è da tipico poliziesco / noir. Jordon è un malavitoso di mezza tacca che cerca di aiutare un amico a saldare i propri debiti. In questo modo si scontra sia con N. T. On, boss locale al quale deve ridare i soldi, che con Judy, cameriera di un ristorante nel quale cerca di entrare infischiandosene della lunga coda in attesa. Dalle complicate geometrie che scaturiscono da queste tre vite si tesse una cristallina ragnatela di destini in grado di fondersi in un unico, splendido arabesco. Jordon si ritroverà così a dover curare il figlioccio appena nato di On assieme a Judy, e questa sarà l'occasione per l'incontro reale delle loro solitudini. Le loro tragedie si uniscono e percorrono abbracciate, ma senza mai trovare la forza di ammetterlo a loro stessi, la strada in discesa verso l'inevitabile fine. Nel mezzo una serie ininterrotta di scelte in larga parte perfette o quasi di tempi, ritmi e situazioni - senza dimenticarsi del montaggio e della fotografia, altri cardini in grado di fagocitare senza appello anche lo spettatore più distratto.
E' persino imbarazzante cercare di trascrivere in parole un evento così intimo come la visione di un film del genere. Uno di quei rari casì in cui le parole servono davvero a poco e alla prova dei fatti si dimostrano solo un'aggiunta fuori luogo, un orpello quasi-inutile, un affannosa ricerca di un qualcosa di già implicito nella visione. E allora c'è davvero poco da fare. Juliet in Love è un film che va visto, e possibilmente rivisto. Senza stancarsi mai. Perché ad ogni nuovo approcio gli sguardi, le situazioni e le piccole tragedie che ognuno si porta dietro acquistano significati impensati fino alla visione precedente. E così all'infinito, si spera, perché di questo ci nutriamo senza accorgercene, per tirare avanti.

Hong Kong, 2000
Regia: Wilson Yip
Soggetto / Sceneggiatura: Matt Chow, Wilson Yip
Cast: Francis Ng, Sandra Ng, Simon Yam, Tats Lau, Eric Kot

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.