Jumping AshLa lotta per il mercato della droga è senza tregua. Ai due estremi si affrontano un potente industriale, sulle cui tracce sono stati messi due killer, e un investigatore, che per arrivare al boss non esita a ricorrere ad ogni mezzo possibile. Dopo che il braccio destro del criminale uccide il compagno, il sicario superstite si allea con il poliziotto.
Jumping Ash, esordio dietro la macchina da presa per l'ingiustamente sottovalutato Leong Po Chih, coadiuvato nella circostanza dall'attrice Josephine Siao - che si ritaglia uno spazio da guest star: è la fidanzata malmenata del poliziotto - è un lavoro storico, di transizione, che anticipa in tempi non sospetti la New Wave e comincia a scavarne le fondamenta. Il meglio dovrà ancora vedersi: qui ci si limita a impostare un discorso crudo fatto di violenza e crimine, sulla falsariga di Il braccio violento della legge di Friedkin e di tanti polizieschi italiani coevi, proprio quelli dove spadroneggiava Maurizio Merli. La semplicità formale garantisce quel rigore necessario a staccarsi dalla tradizione del melodramma raffinato e dei film in costume con spadaccini e artisti marziali. Gli ingredienti sono tutti in bella vista: omicidi e particolari gore nel dettaglio, tradimenti, donne picchiate, boss doppiogiochisti, killer senza scrupoli (venuti dall'Olanda, ossia una delle basi strategiche delle triadi), oltre allo scoramento del poliziotto incastrato nell'ingranaggio burocratico che, deposti distintivo e facciata legale, preferisce farsi giustizia da solo (riuscendo nell'impresa, ma la gloria del successo spetterà al suo ingrato superiore).
Colonna sonora ridotta all'osso, pochi esterni - se non per il finale adrenalinico - e sballottamenti della camera garantiscono la sufficiente dose di realismo. Non mancano diversi momenti buffi, ai limiti del grottesco (una recluta costretta ad affrontare una prostituta non particolarmente avvenente; un pluriomicida corteggiato dal paziente di un ospedale psichiatrico), che stridono per contrasto con le frequenti incursioni tra macabro e tensione drammatica. La lezione di Leong sarà studiata con attenzione dai colleghi, che riproponendone lo stile asciutto e veloce, riusciranno nella difficile sintesi sistematica, teorizzando, con poco o niente, una nuova via al crime movie autoctono. Il giovanissimo Chan Wai Man, faccia da cattivo senza pari e portamento da assoluto sbruffone, trova persino il modo di scimmiottare Bruce Lee durante un confronto fisico (non mancano arti marziali, invero piuttosto sgraziate, e urletti di circostanza): avrà tutto il proscenio per sé in The Club di Kirk Wong.

Hong Kong, 1976
Regia: Leong Po Chih, Josephine Siao
Soggetto / Sceneggiatura: Josephine Siao, Phillip Chan
Cast: Ga Lun, Chan Wai Man, Chan Sing, Lam Wye Kye, Callan Leung

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