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La svolta commerciale della Milkyway Image, il film di transizione dal nero dell’hard boiled alla commedia che cambierà il volto della casa di produzione negli anni a venire, si traduce in un action che riassume le esperienze precedenti – buddy movie, coreografie sorprendenti, caratterizzazioni pregevoli – disperdendone lo spirito.

To predilige i primi piani e uno stile più classico rispetto al recente passato, introducendo a una nuova fase del suo irregolare e complesso percorso di autore. Sulla base di una sceneggiatura arzigogolata, scritta dai francesi Laurent Courtiaud e Julien Carbon, ma poi in buona parte riscritta dal fido Yau Nai-hoi, Johnnie To firma uno dei suoi action più convenzionali, un divertissement di lusso guidato dai colpi di scena più che dalle soluzioni di regia (che si limitano ad accelerazioni e ralenti ai limiti del kitsch - manca d'altronde un action director ad hoc).

E dominato dai duetti tra i protagonisti: il ladro (gentiluomo) Andy Lau, una sorta di Arsenio Lupin dagli occhi a mandorla, spassoso anche en travesti; e lo sbirro Lau Ching-wan, poliziotto sveglio tartassato da un superiore pasticcione (Hui Siu-hung, maschera ricorrente Milkyway al pari di Lam Suet, indifferentemente poliziotto o gangster, ma eternamente tonto e goffo). La musica richiama fortemente quella di A Hero Never Dies, come a sottolineare un’ingannevole continuità all’insegna di un dualismo eroico macho, ma di quella forza epica si è (volutamente) smarrito tutto. Il gioco di To è scoperto e consapevole, accattivante ma mai completamente avvincente.

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Alcune battute evidenziano la volontà di To di prendersi gioco dei propri critici, in particolare riguardo al sottotesto omoerotico, insito nelle storie di doppi maschili e di bromance che il regista ama mettere in scena (The Longest Nite, A Hero Never Dies). In realtà il vero scopo di Running Out of Time è quello di capitalizzare su un meccanismo filmico rodato alla perfezione, spingendo sui tasti giusti (accenno di love story con una bella sconosciuta [Yoyo Mung] incluso) per avvicinare il grande pubblico. Esperimento riuscito: Running Out of Time incassa più di tutti i capolavori Milkyway di fine millennio messi insieme e prepara la strada al periodo del dominio commerciale – in una Hong Kong in profonda crisi – delle produzioni Milkyway, con Andy Lau mattatore incontenibile. Emerge il To businessman, si fa da parte il To filmmaker rivoluzionario (farà eccezione l’immediatamente successivo The Mission, chiusura ideale della fase precedente della Milkyway).

Running Out of Time è opera quindi chiaramente consapevole, in cui To dialoga con il proprio cinema precedente, con il pubblico e con i detrattori. Un gioco, o una specie di magia, al pari di quelle messe in atto da Cheung. Il mago, incarnazione di celluloide del meraviglioso e delle infinite possibilità (del cinema) diviene un topos della fase successiva, e più incline ai gusti del pubblico, della carriera di Johnnie To. Dove ad accomunare i lavori di fine millennio era un nichilismo di fondo e la netta sensazione di un approdo entropico, in cui sono i migliori (gli eroi) ad avere la peggio, da Running Out of Time ha luogo una metamorfosi dall’“epico” verso il “magico”. Verso qualcosa di più inverosimile e lontano da noi, e quindi più rassicurante. Ma è grazie a i successi, che verranno seguendo questa scia, che To potrà godere dell’agio economico necessario per passare a una terza e più matura fase, quella dei suoi lavori più ricercati e rigorosi di metà anni Zero, come Election, PTU o Throw Down

Hong Kong, 1999
Regia: Johnnie To.
Soggetto/Sceneggiatura: Yau Nai-hoi, Julien Carbon, Laurent Courtiaud.
Cast: Andy Lau, Lau Ching-wan, Yoyo Mung, Waise Lee, Hui Siu-hung.


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