Second Time AroundFinalmente in attività, grazie al produttore Johnnie To, dopo un lustro sabbatico, uno dei più validi registi nell'intero panorama orientale torna a lavorare ad altissimi livelli, come se i cinque anni di pausa da The Black Rose non contassero proprio niente. Il genio creativo di Jeff Lau, mente effervescente, riparte da dove aveva lasciato, e confeziona una delle pellicole più eccitanti di una stagione non particolarmente ricca. Due protagonisti, Ekin Cheng e Cecilia Cheung1, in trasferta tra Las Vegas e Los Angeles, in cerca di fortuna, soldi e amore. Lui è un croupier ambizioso che ha rubato un'ingente somma al suo capo per giocarsela al casinò, lei una poliziotta raccomandata casualmente sulle sue tracce. Paradossi temporali, destini paralleli e storie incrociate: solo Lau poteva orchestrare una trama così assurda senza perdersi per strada. Second Time Around offre ai due personaggi in questione una seconda possibilità, per colmare un vuoto di memoria e per riappropriarsi di un discorso interrotto a metà.
I presupposti (poco) logici sono Days of Tomorrow e Timeless Romance, rivisti in chiave (ancor più) fantasy-action e con qualche colpo di scena ben assestato a spiazzare le pochissime certezze dello spettatore. Importa poco se i tasselli prima dell'epilogo siano tutti al posto giusto (e lo sono, anche se in posizioni invertite rispetto all'inizio), quanto più che lo stupore non sia fine a se stesso, ma supportato dall'emotività tipica di chi, di fronte al prestigiatore che ha compiuto il suo numero con successo, tenti di scoprirne il trucco senza riuscire a raccapezzarsi. In questo senso la sceneggiatura è formidabile, vero e proprio congegno a orologeria, che prima di esplodere concede qualche sprazzo di lucida follia.
Il contorno è lussureggiante, soprattutto quando la macchina da presa spazia in totale libertà. La fotografia, colorata e scintillante, e le scene d'azione, ben coreografate, riempiono i buchi. Il maligno incontentabile è tacitato dalla splendida colonna sonora, dai movimenti di una regia per nulla arrugginita e da un montaggio da manuale. Per una volta i tocchi di digitale, pennellate qua e là come in un acquerello astratto, non risultano obsoleti o fuori luogo. La svolta fantastica è tanto inattesa, visto che fino al primo fondamentale colpo di scena la pellicola virava essenzialmente tra azione on the road e umorismo grottesco (la strepitosa scena della scoperta dell'adulterio del fidanzato di Tina), quanto gradita. La bacchetta di Lau colpisce il bersaglio, ne cambia le fattezze e senza rinunciare a un cenno autoreferenziale cambia le carte in tavola. Dal sorriso si passa in maniera repentina alle lacrime, dal comico al drammatico, in meno di una frazione di secondo. Le regole del cinema classico sono sovvertite in nome di una narrazione a-logica e di una frammentarietà estetica, ma questo è davvero uno splendido modo per essere turlupinati.

Note:
Con la simpatica sorpresa di rivedere in azione Jonathan Ke Quan (Ke Huy-quan), uno dei ragazzi protagonisti di I Goonies, famoso parecchi anni prima anche per il ruolo del giovanissimo assistente di Indiana Jones in Indiana Jones e il tempio maledetto.

Hong Kong, 2001
Regia: Jeff Lau
Soggetto / Sceneggiatura: Kay On
Cast: Ekin Cheng, Cecilia Cheung, Jonathan Ke, Wood Lai, Oliver Tan

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