Soul of the SwordNameless, un Ti Lung spavaldo e sbruffone, di primo acchito inusitatamente antipatico nei suoi comportamenti freddi, calcolatori, vuole raggiungere la vetta del mondo delle arti marziali. Per farlo deve sconfiggere Lu Tien Kang, da tutti considerato imbattibile. La lunga strada in salita è costellata di disillusioni, scontri, agguati (si segnala un duello termale, con Ti Lung colto di sorpresa nei bagni, nudo, che per vendicarsi taglia le vesti della sua assalitrice, denudandole i seni!), e persino amore (Nameless è folgorato dall'incontro con una commerciante, in tutto e per tutto uguale alla donna che perseguita i suoi incubi).
La traballante pellicola di Wa San (Hua Shan), già responsabile di Inframan, con un eroico Danny Lee, è stracolma di frasi ad effetto sull'arte della spada e del dare la morte: si comincia con un «La spada non ha emozioni, devi liberarti da esse e non provare rabbia» per continuare con «Il freddo acciaio non conosce pietà», fino all'illuminante dialogo tra un dottore conosciuto dopo l'ennesimo combattimento e l'eroe. «Quando salvo una vita con le medicine, allora mi sento felice. Sono curioso. Quando uccidi con la spada, provi altrettanta gioia?» chiede il primo. «Solo quando avrò il titolo di Re delle Spade sarò veramente felice», risponde l'altro. E in effetti Soul of the Sword non è altro che un'amara riflessione sulle costrizioni accecanti che alle volte ci si impone per raggiungere i propri obiettivi, per arrancare dietro ai sogni di una vita. In questo caso il protagonista senza nome rinuncia volontariamente ai sentimenti, troppo tardi rendendosi conto dell'irreversibilità delle proprie scelte, troppo tardi capendo di aver abdicato alla propria umanità. L'intento della trama è scoperto, evidente; ad incepparsi è però il raccordo con eventi che non siano soltanto meccanici riempitivi tra uno scontro e il successivo. Non bastano i dialoghi stentorei a cancellare l'aria di abbandono cui è lasciato tutto il resto, compresa un'evoluzione dei personaggi troppo confusa, aleatoria. Sorretto da una colonna sonora briosa e sopra le righe, caldo contrasto con le atrocità mascherate da normalità che scorrono sullo schermo, Soul of the Sword viaggia verso un finale giustamente amaro, come sempre nel sangue, ma lascia insoddisfatti, desiderosi di una seconda versione che mantenga la cattiveria, evitando le frequenti sbavature (e la misoginia imperante - si veda la conquista, è il caso di dirlo, della bella commerciante).

Hong Kong, 1978
Regia: Wa San
Soggetto / Sceneggiatura: Yau Gong Kin
Cast: Ti Lung, Lam Jan Kei, Guk Fung, Norman Chu, Lau Wai Ling

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