The Mighty Peking ManZheng Feng è un famoso avventuriero dal cuore spezzato ormai dedito all'alcol. A lui si rivolgono alcuni ricercatori perché li guidi nel profondo della giungla, alla ricerca di un mitico scimmione gigante che terrorizza gli indigeni. L'impareggiabile Feng, nonostante le avversità, nonostante gli accompagnatori farabutti e doppiogiochisti, nonostante le solite guide fifone, non si scoraggia e riporta a Hong Kong non soltanto il povero impaurito animale, che non sarebbe abbastanza, ma anche una bionda mozzafiato. La selvaggia, novella Tarzan in gonnella, è stata allevata dallo spelacchiato peluche dopo l'incidente fatale occorso al velivolo dei genitori; costantemente agghindata con straccetti di pelle al limite del visibile, non tarda a far invaghire di sé Zheng, che pensa bene di ripagarla lasciando il papà-gorilla nelle mani dei loschi affaristi, esposto al pubblico ludibrio nello stadio cittadino. Neanche da dirlo, il gigante impazzisce, seminando morte e distruzione e mettendo a ferro e fuoco l'intera città. La bella selvaggia si dispera, cercando di farlo ragionare, ma intanto si mobilita l'esercito...
King Kong rivive nei bassifondi della produzione Shaw Brothers. Ho Meng Hua si presta al gioco e confeziona una furiosa pellicola senza budget e senza cervello, con dalla sua un'ingenuità disarmante e una volontà esploitativa incontaminata. Tra fondali di cartapesta, modellini di macchine giocattolosi, effetti speciali ingegnosi ma risibili e sfacciati campo/controcampo per darci a bere l'incomparabile altezza del gorilla, rimane un insondabile guazzabuglio di adorabile ciarpame. Nessuna coerenza narrativa, poche idee per di più mal esposte e un vago senso di inconsistenza generale potrebbero scoraggiare ogni volenteroso tentativo di scoperta. Eppure The Mighty Peking Man (anche noto come Goliathon) mantiene una freschezza insperata, non facendo pesare nessuno degli 86 minuti che lo compongono. Un'attrice inconcludente (vista nel tedesco Lady Dracula e nel women with guns Deadly Angels) più nuda che espressiva e un Danny Lee giovane, senza pancetta, ma con la solita aria tra lo spavaldo e il belluino, chiudono il cerchio - lasciando in eredità un insano sorriso rincuorante, che rimane stampato sulle labbra anche quando lo schermo si oscura.
A sentire Thomas Weisser del film esiste una versione europea (Colossus of Congo) più prodiga nel mostrare Evelyne Kraft al naturale: da quel che di lei si vede nella versione hongkonghese, non pare valga troppo la pena dannarsi l'anima per cercarla.

Hong Kong, 1977
Regia: Ho Meng Hua
Soggetto / Sceneggiatura: Ni Kuang
Cast: Danny Lee, Evelyne Kraft, Guk Fung, Hsiao Yao, Ku Feng

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