The Spooky Bunch«Ann Hui e Tsui Hark si incontrarono una volta in un cinema a vedere Per favore non mordetemi sul collo (1967) di Polanski: la prima ne trasse lo spunto per la farsa di The Spooky Bunch, storia di fantasmi dispettosi (ma anche assetati di vendetta) che sconvolgono la routine e le vicende sentimentali di una modesta troupe di opera cantonese [...]»1. La regista, al suo secondo film dopo il thriller The Secret, e agli albori della prima New Wave, cerca di coniugare realismo e fantastico, in un'opera che mescolando generi e toni diversi anticipa, di poco, caposaldi dell'horror comico quali The Dead and the Deadly e Encounter of the Spooky Kind. Con una marcata differenza nelle intenzioni: i film di Sammo Hung e Wu Ma esagerano il lato fisico e grottesco, mentre Ann Hui, che non ricorre mai al kung fu come arma comica, preferisce accentuare l'esplorazione dei contorni spazio-temporali e si sofferma maggiormente sul rapporto tra personaggi, ambiente e passato storico. I fantasmi sono le anime di un plotone di soldati, compreso il loro comandante e due prostitute, uccisi un paio di secoli prima da una medicina fasulla, venduta loro da un erborista imbroglione. Questi riesce a farla franca visto che come capro espiatorio viene condannato il suo socio, che da morto non manca di maledire l'intera stirpe. Ai nostri giorni un vecchio discendente del farmacista decide di aggirare la fattura facendo sposare il nipote Dick, insieme a lui ultimo rimasto della famiglia, con Ah Chi, la discendente del socio del progenitore: l'unione dovrebbe annullare la malìa. L'imprevisto è il ritorno in terra degli spettri dei defunti militari, che vogliono la testa del vecchio e dei due ragazzi.
Torna uno dei temi ricorrenti nel lavoro dell'autrice Ann Hui: il passato che lascia dei legami imprescindibili nel presente. La colpa del padre ricade in questo caso sui futuri discendenti, che pur non avendo responsabilità specifiche devono affrontarne le conseguenze. The Spooky Bunch comincia come dramma, ma presto contamina la sostanza di cui è fatto e svaria, passando da un genere all'altro. Alcune sequenze forti sono ben sviluppate, sfruttando con abilità la geografia dell'isola di Cheung Chau. Il primo omicidio, con il fantasma di una donna, vestita in rosso, che scivola velocemente sulla vittima, è un brivido nella notte. Quando il tono si ammorbidisce e la tensione si tramuta in ironia, il registro diventa serioso ma al tempo stesso più conscio delle sue possibilità. L'esplorazione degli scenari, dei rapporti tra i suoi abitanti e dei componenti della troupe teatrale, della fondatezza di certe credenze popolari è tanto più accurata quando può sfruttare il terreno della satira come canone d'indagine. L'ottima regia di Ann Hui, fatta di lunghe carrellate e di movimenti rallentati, può avvalersi di due interpreti in grande forma: Josephine Siao, anche produttrice, irrefrenabile, e Kenny Bee, che si mette umilmente in scia e sfrutta la verve della collega a proprio vantaggio. Il richiamo alla tradizione dell'opera cinese necessita di un sottofondo sonoro adeguato e fa optare per una totale assenza di trucchi o effetti speciali. In questo modo la sensazione di realismo non viene mai meno, anche in quei momenti in cui i personaggi volano o si comportano apparentemente in maniera inspiegabile (in realtà sono già deceduti oppure posseduti). La morte, ben presente, non si identifica per forza nel sangue.

Note:
1. Alberto Pezzotta - Tutto il cinema di Hong Kong (Baldini & Castoldi, 1999 - pagg. 157-158).

Hong Kong, 1980
Regia: Ann Hui
Soggetto / Sceneggiatura: Joyce Chan
Cast: Josephine Siao, Kenny Bee, Tina Lui, Kwan Chung, Lau Hak Suen

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