The Storm RidersRecensire un film come The Storm Riders non è assolutamente agevole. Vedere infatti gettata alle ortiche una così buona occasione di realizzare un film memorabile è ancora più deludente che guardare un film brutto e noioso in tutto e per tutto. Bastano i titoli di testa per comprendere che qualcosa non va, mentre un brivido freddo corre lungo la schiena. Quando la computer grafica stile Final Fantasy inizia a passarti davanti agli occhi, è un po' come morire; tutta la tua vita di appassionato di film orientali ti scorre davanti agli occhi, e l'unica domanda che rimane è: "ho visto tutti questi film... per arrivare a questo?". E - sia ben chiaro - non è il moto di stizza di chi persegue l'immobilismo artistico e depreca un qualsiasi utilizzo di nuove tecnologie in onore del passato. Tutt'altro. Ben vengano film che sappiano utilizzare e sfruttare nuovi artifici - oltre ai cari, vecchi ed inossidabili wire works - ma solo se sono in grado di innestarsi in un contesto poetico adeguato. Qui, invece, rimane solo il vuoto. Il problema infatti è il modo in cui tali tecnologie vengono utilizzate. E in The Storm Riders la materia filmica diviene fredda, precalcolata, in una parola - sterile.
Un cast pieno di star, una produzione senza precedenti o quasi, e il risultato è tanto deprimente? Una storia che sembra non finire mai da quanto è piatta (senza contare l'aggravante che il film è inutilmente prolisso), personaggi inesistenti, combattimenti ridicoli - con l'assenza quasi totale di un duello o di uno scontro filmato in modo comprensibile. Certo poi ogni singolo aspetto è curato nei minimi dettagli. Le prime cose a colpire favorevolmente sono sicuramente la fotografia e le inquadrature. Talmente cool che si va ben oltre l'estetica da videoclip, in una continua ricerca stilistica che non può non incantare, almeno in superficie. Ed essendo The Storm Riders tratto dall'omonimo fumetto di Ma Wing-shing, parrebbe un'ottima notizia, visto che effettivamente il feeling da fumetto o da anime giapponese è inizialmente mantenuto. Peccato che dopo breve si cada in un baratro dal quale la pellicola non riesce a rialzarsi.
Una storia tutto sommato potenzialmente interessante, pur non essendo nulla di nuovo né di originale, viene lentamente fatta precipitare nel nulla. Conqueror, capo di un grande clan combattente, vuole conquistare tutto il regno. Secondo la profezia di Mud Buddha, giungerà ad avverare il suo sogno solo con l'aiuto di due bambini di nome Wind e Cloud. Dieci anni dopo, una volta allevati i due ragazzini, arriva quasi a conquistare il potere assoluto, ma entra in gioco la seconda parte della profezia, molto più oscura, che Conqueror cercherà di contrastare con tutte le sue forze. Una storia lineare, in cui ci sarebbe spazio per avvenimenti epici, ricchi di pathos, con uno scontro di grandi personalità e visioni del mondo, e con anche innesti non indifferenti di melò (la figlia di Conqueror, Charity, è infatti innamorata di entrambi i marmocchi e non si sa decidere). Nulla di tutto questo, purtroppo. Assistiamo invece ad una serie di scene al limite del plausibile che hanno l'unico scopo di mostrare i due aitanti giovanotti in pose cariche di stile - secondo le intenzioni, almeno - con i capelli mossi dal vento ad oscurarne gli occhi (è incredibile come tutti i personaggi principali abbiano capelli lunghi e incolti!). La recitazione è ridotta ai minimi termini (gli unici probabilmente a salvarsi sono il grande Sonny Chiba, qui nei panni del cattivo, e Shu Qi, che perlomeno prova a caratterizzare il suo personaggio), per non dire inesistente. I due cantanti Aaron Kwok ed Ekin Cheng spadroneggiano senza però avere molto da comunicare. E le restanti figure sono solo contorno, non trovando uno spazio espressivo adeguato.
Non vi è dubbio che The Storm Riders non sia completamente da buttare, come è certo che si sia trattato di un esperimento (per certi versi anche coraggioso, in un momento di crisi serpeggiante dell'industria cinematografica locale). Ma non si può certo giudicare un film solo per le buone intenzioni che ha dimostrato, e il risultato finale, dispiace dirlo, è completamente negativo.

Hong Kong, 1998
Regia: Andrew Lau
Soggetto / Sceneggiatura: Chau Ting, Manfred Wong
Cast: Ekin Cheng, Aaron Kwok, Michael Tse, Sonny Chiba, Kristy Yeung

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