Tricky KingOltrepassare allegramente i propri limiti è modus operandi tipico di Wong Jing, che nello scrivere per il suo protetto Aman Chang la sceneggiatura di Tricky King, di cui è anche produttore, si ispira senza mezze misure al suo Tricky Brains. Quest'ultimo era stato nel 1991 un veicolo importante per Stephen Chiau - complici Andy Lau e Chingmy Yau -, cialtronesco re dei trucchi, mattatore al box office. Storia pressoché identica - due imbroglioni professionisti si fronteggiano, mentre i discepoli del meno astuto dei due ne combinano di cotte e di crude -, cambia solo il cast. Al posto dell'ormai asceso Chiau c'è Nat Chan, affiancato dalla comicità rancida di Eric Kot, da una serie di volti di supporto - il compositore di colonne sonore Mark Lui, il poliedrico Simon Loui, i dj del duo Fast & Soft Beat - e dalle inevitabili bellezze di turno (la sexy bomb Sherming Yiu in contrapposizione alle dolci Lee Ann e Athena Chu). In un vortice di citazionismo e di autoreferenzialità Wong plagia, contamina, richiama, ricuce ogni tipo di materiale gli capiti a tiro, autoctono - A Man Called Hero, la tradizione mélo più classica, la serie tv Enjoy Yourself Tonight - e straniero - Giovani diavoli, Titanic, Men in Black -, senza soluzione di continuità e senza alcuna logica apparente. Dalla commistione risulta un pasticcio demenziale, incontrollato, a tratti persino divertente.
Merito di una regia artigianale attenta a sottolineare i momenti farseschi e a glissare sulle innumerevoli volgarità o su un umorismo scatologico troppo forte. La parabola in un certo senso positiva della banda (mal assortita e) sgangherata di maschi arrapati, con il trionfo dei buoni sentimenti, proviene direttamente da L...o...v...e... Love (anche lì il capo-gruppo era Nat Chan, sulla cui efficacia comica si potrebbe discutere a lungo), la scorrettezza emotiva e la struttura episodica, a compartimenti stagni, dagli sketches di certe commedie italiane (l'incipit cita apertamente il frammento con Enrico Montesano e Barbara Bouchet di 40° all'ombra del lenzuolo di Sergio Martino) prossime al pecoreccio. Il regista - che non è uno sprovveduto, come parte della sua filmografia potrebbe far pensare - ha già dimostrato di trovarsi a suo agio con frizzi e lazzi da bar, resi leggeri su grande schermo grazie alla confezione da barzelletta spiccia, di immediata fruizione. Soprattutto se al basso livello delle battute, spesso scontate, spesso spuntate, spesso poco incisive, fa da contraltare un cast multisfaccettato con tanti caratteristi che indovinano la giusta dose di ironia, ai limiti - ma forse ben oltre - dell'auto-lesionismo.

Hong Kong, 1998
Regia: Aman Chang
Soggetto / Sceneggiatura: Wong Jing
Cast: Nat Chan, Eric Kot, Athena Chu, Lee Ann, Mark Lui

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