Triple TapAbituati ormai ad attribuire a Derek Yee un ruolo di salvatore della patria, quando nel momento di peggior crisi del cinema di Hong Kong era oggettivamente l’unico regista in grado di combattere con continuità e coerenza ideologica l’abbassamento degli standard quantitativi e qualitativi dell’intero segmento d’industria, abbiamo probabilmente finito per caricarlo, film dopo film, di una responsabilità eccessiva. E prima o poi, logica conseguenza di una flessione che ha fagocitato anche le migliori menti del paese, era necessario registrare un suo passo falso.

Triple Tap è il buco nero di una filmografia importante, il rigurgito mal digerito di un regista che pur non essendo in dubbio paga la netta superiorità dei suoi lavori precedenti rispetto a una media (inter)nazionale svigorita. Ed è proprio adagiandosi su quella asfittica mediocrità che una pellicola altrimenti rispettabile, per parentele di genere e cast più che per resa, mostra quasi subito la corda: personaggi asettici, ripetizioni linguistiche, regia di maniera e un plot poliziesco che, anche nelle fasi surreali, suona come una campana stanca.

Per una volta spiace non poter nemmeno lodare lo spunto di partenza. Alquanto banale è infatti il dualismo tra due tiratori eccellenti, una rivalità di poco più profonda rispetto a un The Sniper (2009, di Dante Lam) qualsiasi, episodi di machismo di periferia senza controllo se, come accade, i personaggi femminili - pochi e mal dosati - non hanno spessore né appeal. Il fatto che in un blockbuster studiato per intrattenere le coreografie d’azione non abbiano un ruolo da super star, abdicando in favore di riferimenti alla saggistica criminologica e a un dibattito freudiano di rancida obsolescenza, è il segnale definitivo che alla base non si riscontra una strategia vincente.
Triple Tap d’altronde è collocato in una fase delicata della carriera di Yee; e in questo senso può essere letto come comprensibile transizione di ambizioni, incastonato tra il celebrato Shinjuku Incident (2009) e il prossimo The Great Magician (2011), entrambi con Jackie Chan, entrambi ben più «alti» nelle intenzioni. Quasi un divertissement, insomma, girato per non perdere l’abitudine: un po’ come i romanzi a puntate scritti per “Playboy” dai premi Pulitzer.
Perché anche i più grandi autori sono consci che la strada per la gloria può di tanto in tanto concedersi qualche piccola scorciatoia.

 

Hong Kong, 2010
Regia: Derek Yee
Soggetto/Sceneggiatura: Derek Yee, Chun Tin-nam, Lau Ho-leung
Cast: Louis Koo, Daniel Wu, Charlene Choi, Li Bing-bing, Chapman To.


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