The AccidentI tuoi film sono tratti da tuoi romanzi. Sei stato un redattore di City Magazine, hai scritto racconti, poi sei passato alla fotografia, oltre ad aver lavorato per la TVB. Sembra che tu abbia provato a sperimentare tutti i media, prima di diventare regista. E' il cinema la strada migliore per esprimere ciò che senti?
Credo di sì. In Night Corridor si possono vedere alcune delle mie fotografie, realmente inquietanti, che ho intitolato Ritratti di dolore. Tutti i film comunque sono incentrati sul concetto di identità, perché solo un film può trasportare con facilità gli spettatori nel mondo creato dall'artista. Il romanzo non è un medium con potenzialità altrettanto vaste. Ho venduto solo poche migliaia di copie dei miei racconti, in Cina. Non si riesce mai a raggiungere un pubblico sufficiente. Non sono mai stato tradotto in altre lingue, così uso i film per parlare al posto dei romanzi. Al massimo i film, se apprezzati, potrebbero essere il tramite perché i romanzi vengano tradotti. In fondo quando scrivevo i romanzi, li pensavo come la trama di un film, con molte descrizioni visive e degli ambienti. Se volessi fare un altro film, potrei benissimo cercare spunto tra i miei libri, anche se pochi di loro sono commercialmente validi.
Ci si potrebbe chiedere perché ho iniziato come scrittore e fotografo per finire a fare il regista. La verità è che sono una persona pragmatica. In fotografia vedere e sentire sono immediatamente collegati, non c'è nulla da capire. Anche se, per come intendo il cinema, i film sono da sentire, come quadri o foto, e non necessariamente da interpretare e sviscerare sino in fondo. E' la qualità emotiva che conta. Se ti senti attanagliato, perplesso, perso, confuso, allora va bene. Una spettatrice mi ha fatto notare che dopo aver visto Night Corridor ha avuto mal di testa tutta la notte. Allora ho saputo che funzionava.
Così ho iniziato come fotografo per una ragione pratica, per sistemarmi più in fretta. Ho vinto diversi premi grazie alle fotografie. Addirittura hanno messo in ombra il mio stato di artista immigrato, avendo rappresentato l'Inghilterra in molte mostre in giro per l'Europa. I curatori non sapevano neanche che fossi cinese. Ma dopo qualche anno ero stufo, e sono tornato a scrivere, e ho collaborato con un quotidiano un anno intero. Adesso sto scrivendo i soggetti dei miei film da solo, mascherandoli come racconti brevi.
Dirigere un film è divertente. Mi piace dare agli attori parti difficili, che siano una sfida. Molti attori hanno raggiunto una recitazione consapevole grazie ai miei film: Ben Ng, Wong Hei, Daniel Wu. Si sono messi in gioco con ruoli diversi, che prima avevano interpretato raramente, e ne hanno tratto personaggi convincenti. Mi piacerebbe che gli attori capissero che lavorare in un film di Julian Lee è un'esperienza interessante. E' stato Stanley Kwan a farmelo capire. In fondo è il motivo per cui molte attrici adorano lavorare con lui. Se si deve far precipitare gli attori nella parte, il regista deve dar loro fiducia, e al contempo loro devono scoprire tutte le loro paure, le loro gioie e i loro sentimenti. E' una sorta di terapia. Gli attori sono animali davvero fragili.
Mi piacerebbe cimentarmi sul serio come attore. Solo come interprete ci si può mettere alla prova con personalità diverse dalla propria. Una sorta di libertà assoluta. Così forse in futuro potrei tentare anche questa strada. Molto tempo fa ho avuto due parti, una in Double Fixation di Yonfan. E ho una piccola parte in Night Corridor.

A inizio carriera hai scritto Chaos by Design, hai recitato in Double Fixation e sei stato direttore artistico in Walking Besides Me. Si tratta di film commerciali, con budget consistenti e che andarono piuttosto bene al botteghino. Quali erano le tue aspettative professionali a quei tempi? Cosa ti ricordi di quel periodo?
E' successo perché il capo della rivista per cui lavoravo, John Chan, era sceneggiatore per la D&B, la compagnia di Dickson Poon. Io ero il The Accidentfotografo, e incontravo molte star: ho anche scattato una foto famosa di John Woo, vestendolo come uno dei killer dei suoi film. A quell'epoca volevo provare tutto: sceneggiatore, direttore artistico, fotografo, e così via. Poi però sono andato all'estero, in Inghilterra, e per otto anni mi sono completamente disinteressato della scena locale, cosa che adesso rimpiango. Avrei potuto passare alla regia già allora, e rimanere a Hong Kong. Ma di sicuro stare a Londra a studiare è stata una delle esperienze più stimolanti della mia vita.
Quando mi sono rivisto recitare in Double Fixation, guardandolo in video-cd, non ho potuto che ridere. Ero io? Ricordo che ho avuto anche un piccolo ruolo in Almost Disappear di Walerian Borowczyk. Sono stato pagato, ma non ho mai visto il film completo. Sarei curioso di vederlo. Ero un fotografo guardone, il mio primo ruolo internazionale. Ricordo gli anni '80 come una dolce fragranza. Giravo tra Parigi e New York ed ero giovane e strambo.

Yonfan è uno dei pochi registi "arthouse" di Hong Kong, ma è ancora largamente sottovalutato. Ti piacciono i suoi film?
Sì. Dovrebbe essere tra i famosi, ma è un reietto nell'industria attuale. Si comporta come un figliol prodigo, fa film con soldi suoi per piacere personale. Perché no? Era anche lui un fotografo, e lo conoscevo bene. Gli piacevano le foto che gli avevo fatto per la rivista, ma è molto tempo che non ci vediamo. L'ultima volta in cui ho avuto occasione di parlargli è stato quando gli ho mostrato i miei Ritratti di dolore. Ha risposto: «Ah... sei così sperimentale?». E' stata la fine della nostra conversazione. Ma di certo è una persona unica, sottovalutata. D'altra parte i sui film non puntano al box office.

Com'è andato The Accident al box-office?
Ha guadagnato circa 150.000 US$, ma ne è costati quasi 400.000. I diritti per l'home video sono stati venduti in Germania, a Taiwan, e così via, ma non c'è stato un gran ritorno. E' stato come affrontare un esame per diventare regista. Ce l'ho fatta, il che è la soddisfazione più grande, in questo caso. Durante la lavorazione ci furono alcuni problemi, ma Stanley Kwan arrivò sul set e li risolse. Ma anche se ho passato la prova passando da romanziere a regista, il film non è stato mandato ai festival, perché non piaceva alla casa di produzione: è stato trattato come un Cat. III e poi dimenticato. E' stata la punizione per aver fatto un film fuori dagli schemi quando avevo promesso di farne uno commerciale.

The Accident è un film triste, notturno, scuro. Mi è piaciuta l'atmosfera presente nell'hotel in Cina dove è rinchiusa la star di film erotici. Si respira un'aria decadente, come nei film di David Lynch, con personaggi surreali come le gemelle o il regista. Cosa ne pensi? Come immaginavi la storia?
La storia è in parte basata su una mia esperienza vissuta alla stazione centrale di Milano, quando una notte mi persi per le strade, proprio come accade a Gigi Lai nel film. Era una notte piovosa di dicembre e ho camminato per l'intera città. Un taxi mi scaricò nei pressi di una discoteca piena di travestiti brasiliani. Alla mattina mi ritrovai in Galleria Vittorio Emanuele, senza la chiave dell'appartamento dell'amico che mi ospitava. Quando viaggio, sono mosso da particolari stimoli visivi o dalle azioni delle persone. Ho spostato la scena ad Hong Kong, ma sogno di farne un remake ambientato a Milano.
Nella messa in scena stravagante e malinconica sono stato influenzato da L'avventura di Antonioni. Amo i film italiani per questo aspetto, e di solito cerco di venire in Italia una volta l'anno per trovare ispirazione. Per questo trovo che The Accident sia un film italiano ambientato a Hong Kong. Un critico ha scritto che il mio cuore era altrove. Il film era ambientato a Hong Kong senza che io la mostrassi veramente. Stavo infatti ritraendo l'ambiente notturno che avevo in mente, che poteva essere ovunque.
Per quanto riguarda le gemelle, è stato un colpo a vuoto. Se infatti all'epoca le Twins fossero state famose, le avrei volute nel cast, visto che lavorano per lo stesso agente. Il regista invece è interpretato dall'aiuto di Wong Kar-wai. Lo avevo incontrato sul set di Happy Together. Ha una caffeteria cinese qui. E' un tipo divertente. La gente dice che in quel ruolo sembra Wong Jing, e forse inconsciamente ne ho fatto una parodia. Questi strani personaggi sono vagamente ispirati ad Almodovar, è come se Fellini incontrasse Antonioni. Recentemente un critico ha detto che Night Corridor è pieno di figure felliniane. So cosa intende, ma i personaggi di Fellini solitamente sono felici e stupidi. Non mi è mai piaciuto Fellini, e non ci sono riferimenti a lui. Non l'avevo in mente mentre giravo.

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